Le emissioni di minibond censite dall’Osservatorio durante l’anno 2022 di importo inferiore a € 50 milioni risultano 268. Nel corso del 2021 si erano registrate invece 221 emissioni; l’incremento è quindi pari a +21,3% ed è molto buono se si considera il peggioramento del quadro complessivo, con la guerra in Ucraina, l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse.
Le emissioni si sono distribuite abbastanza equamente fra i due semestri e per quanto riguarda la tipologia di strumenti finanziari, si tratta nella grande maggioranza di casi di obbligazioni. Per capire meglio a cosa è dovuto il buon incremento rispetto all’anno scorso, si nota subito un aumento consistente nei volumi dei basket bond, triplicati rispetto al 2021. Le emissioni captive nel 2022 sono state ‘cannibalizzate’ dai basket bond e registrano un calo, poiché i grandi gruppi bancari impegnati come arranger di minibond hanno avviato nuovi programmi proprio nei basket bond. Anche le altre tipologie di minibond (listed e private) comunque hanno dato un buon contributo alla crescita del mercato nell’ultimo triennio.
Il valore medio del collocamento effettuato dalle PMI è pari a € 3,86 milioni, mentre quello effettuato dalle grandi imprese è pari a € 9,34 milioni. Negli ultimi 12 mesi i minibond con valore superiore a € 20 milioni sono solo il 4,1%, in aumento rispetto al 2,7% del 2021. Per quanto riguarda la quotazione su un mercato borsistico dei 1.461 minibond censiti, 1.020 non sono stati quotati (pari al 69,8%) mentre 361 (il 24,7%) sono stati quotati da Borsa Italiana sul segmento ExtraMOT PRO o su ExtraMOT PRO3 e infine 80 (5,5%) sono stati quotati su altri mercati esteri (in genere Austria, Lussemburgo, Irlanda).
Mentre i fondi di private capital a livello mondiale ed europeo hanno visto una raccolta minore rispetto al passato, in un contesto generale non del tutto favorevole, con il conflitto bellico in Ucraina, la crescita dei tassi di interesse e dell’inflazione, nel nostro Paese i collocamenti di titoli di debito per importi inferiori a € 50 milioni hanno prosperato. Sono ben 190 le imprese italiane non finanziarie che nell’ultimo anno per la prima volta hanno raccolto capitale attraverso i minibond, più tutte quelle che lo hanno rifatto. Da chi o da cosa sono state convinte? Sicuramente un ruolo importante è stato giocato dalle diverse iniziative di Basket Bond lanciate dalla Cassa Depositi e Prestiti (e da altri soggetti) in cooperazione con alcune banche. Si tratta di progetti che sono riusciti ad ottenere la garanzia da parte di istituzioni europee, nazionali e regionali, contribuendo da una parte a ridurre il costo del capitale per le imprese, dall’altra a sostenere l’offerta di capitale di investitori che solitamente considerano poco appealing prestare denaro alle PMI.
Un secondo fattore è stato la crescente attenzione del mondo della finanza verso la sostenibilità. Nel 2022 c’è stato un balzo nell’emissione di minibond green e sustainability linked: queste tipologie di titoli piacciono agli investitori e danno visibilità alle imprese, permettendo loro di ottenere crediti spendibili rispetto al loro scoring ESG. Nell’ultimo anno, il 18,5% della raccolta è associato a queste tipologie specifiche di minibond.
Infine, si può pensare che l’incremento dei tassi di interesse sul mercato abbia convinto alcune imprese a diversificare le fonti di finanziamento, mettendo il ‘fieno in cascina’ e preparandosi a possibili restrizioni future nella disponibilità di credito (o nel suo costo). A prova di questa ipotesi si registra un aumento della dimensione media dei collocamenti rispetto al biennio precedente e il ritorno sul mercato delle Mid-Cap.
(9° osservatorio dei minibond – Politecnico di Milano)